mercoledì 15 aprile 2020

COME FUNZIONA IL LAVORO DI ARTISTA

Quali difficoltà incontra l'artista nello svolgimento del proprio mestiere? Il lavoro di artista presenta solo gioie, oppure come tutte le altre professioni, comporta frustrazioni e un senso di "alienazione"? In questo articolo affrontiamo questi aspetti della carriera artistica.


COME FUNZIONA IL LAVORO DI ARTISTA dipinto di Marc Chagall Interno Russo - Artistah24 Blog sull'arte
Marc Chagall







LA FIGURA DELL'ARTISTA CONTEMPORANEO



In una inchiesta sociologica francese del 1985, un gruppo di studiosi guidati da Raymonde Moulin e Jean Claude Passeron, ha cercato di delineare la figura dell'artista professionista, individuando le caratteristiche di chi, nella nostra società contemporanea, può essere definito obbiettivamente  "artista" attivo nel campo delle arti figurative.


I risultati emersi da questo studio evidenziano le percentuali di riuscita nel settore artistico, attraverso la redazione di una classifica di artisti, scaturita dall'analisi di un ampio campione di ben 18.600 nomi; dove gli estremi dei soggetti esaminati erano rappresentati dai cosiddetti "pittori della domenica" e all'opposto dagli artisti di fama internazionale.

I risultati sono stati i seguenti:
  • 1% = artisti di fama internazionale con alto grado di visibilità (171/su 18.600)
  • 3% = artisti con livello di visibilità abbastanza forte (540/ su 18.600)
  • 10%= artisti con un livello medio di visibilità (1757/ su 18.600)
  • 15% = artisti con un livello basso di visibilità (2870/ su 18.600)
  • 71% = artisti con un grado bassissimo di visibilità (13.264/ su 18.600)
Emerge pertanto che il 71% dei soggetti attivi in campo artistico, ha nell'ambito della sua carriera, una visibilità alquanto scarsa.

Ma facciamo per un attimo un passo indietro.

Innanzitutto, come spiega Francesco Poli nel saggio Il sistema dell'arte contemporanea, esistono due criteri classici di definizione dello status di artista professionista che poggiano su:


  1. La formazione scolastica
  2. La capacità di mantenersi economicamente con l'attività artistica

Per la stragrande maggioranza degli artisti il primo punto, cioè la formazione scolastica corrisponde all'inizio del loro percorso, però ciò non è determinante per l'effettiva riuscita o meno della carriera artistica e nemmeno per definire il loro status di artista.

Una laurea o diploma accademico non attribuisce la qualità di artista,  semmai fornisce un titolo di studio riconosciuto dallo Stato, che apre le porte all'insegnamento e ad altre professioni simili. 

Lo status di artista (operativo nel panorama dell'arte) si consegue in altri modi, per esempio attraverso il proprio curriculum che pian piano viene formandosi, attraverso la partecipazione a mostre e concorsi, oppure con l'ausilio di critici e curatori che possano introdurre l'artista nell'ambiente.



Leggi anche Come definire il valore di un'opera d'arte


LA FORMAZIONE AL LAVORO DI ARTISTA



Spesso sono gli artisti stessi a non considerare come elemento fondamentale per il loro riconoscimento artistico, il fatto di aver frequentato o meno un'accademia di belle arti o altra scuola d'arte.

E' vero però che l'ambiente artistico, che si respira in accademia, può agevolare la formazione di un artista e ampliare le sue conoscenze, anche relativamente ai rapporti interpersonali che possono essere instaurati.  

Inoltre la frequenza di corsi accademici fornisce una formazione culturale di livello universitario che è bene che un artista possegga.

Va da sé che, se l'artista non possiede una buona cultura generale ed in particolare sull'arte, derivata dagli studi accademici, è essenziale che se ne formi una in modo autonomo da autodidatta, studiando, visitando musei e gallerie d'arte, oltre che leggendo riviste di settore (cartacee o online che siano).

Il secondo punto riguarda invece l'altro criterio utilizzato per stabilire l'identità professionale di un artista, cioè la sua capacità di produrre reddito con la propria attività artistica.

Scrive F. Poli nel citato saggio,  che almeno i tre quarti degli artisti, collocabili ad un livello medio-alto sia per qualità delle opere prodotte che per il loro riconoscimento nell'ambiente artistico; pur ricavando dei guadagni da questa attività, non sono in grado di sostenere sufficientemente il loro tenore di vita, oppure temono i rischi di una condizione economica altalenante, con alti e bassi anche notevoli.

In conseguenza a ciò, spesso gli artisti fanno anche un altro lavoro.




GIOIE E DOLORI NEL LAVORO DELL'ARTISTA



L'artista, contrariamente a quello che l'immaginario comune crede, non è il solo creatore dell' opera d'arte.

Nel processo artistico entrano in gioco altre figure professionali, che determinano con la loro attività l'ascesa e la notorietà di un lavoro artistico, al punto tale che l'attività dell'artista giunge ad essere subordinato a quello dei mercanti, galleristi, critici ecc.

Si crea così un paradosso: da un lato l'artista, che viene quasi ad essere "mitizzato" in quanto simbolo di libertà creativa, di libera scelta e di totale padronanza del proprio lavoro. 

Dall'altro lato però, questo stesso artista, se vuole emergere, affermarsi ed essere riconosciuto in quanto tale, deve accettare di uniformare la propria produzione artistica e il proprio lavoro a ciò che gli esperti del settore gli chiedono. Accondiscendere cioè alle richieste del mercato.

Ecco quindi che potremmo parlare di una "alienazione dell'artista" intesa nel senso marxiano del termine.

(K. Marx usa il temine di alienato, riferendosi alla condizione del''operaio che lavora e produce beni non per sé stesso, ma per il capitalista; il suo lavoro non è libero e fantasioso come quello dell'artigiano, ma soggiogato, ripetitivo e costretto ad essere svolto in un certo lasso di tempo forzato, senza alcuna libertà).


Questo termine "alienazione" è stato utilizzato da Barbara Rosemblum nel suo saggio Arstist, Alienation and the Market del 1986, dove spiega che questa situazione non è tanto riferita alla prima fase di produzione dell'opera, nella quale l'artista è sufficientemente libero ed autonomo nella scelta dei tempi e dei ritmi di produzione, nella tecnica, nella scelta dei materiali e nella scelta dei suoi riferimenti estetici; quanto piuttosto nelle fasi successive.

L'alienazione dell'artista viene ad essere determinata dalla mancanza di controllo su ciò che segue l'immissione dell'opera nel sistema dell'arte: ovvero nella fase di definizione del valore, nella sua distribuzione e nell'utilizzo che l'acquirente farà dell'opera prodotta.

Scrive la Rosemblum nel suo saggio:


"In che modo queste manovre riguardano gli artisti? In primo luogo, per ambire a essere rappresentati da un mercante o una galleria, che è il principale mezzo attraverso cui gli artisti possono arrivare alla fama, al riconoscimento e a una mobilità nel mondo dell'arte, gli artisti sono costretti a impegnarsi in una varietà di comportamenti strategici per massimizzare a proprio vantaggio il processo di selezione che coinvolge migliaia di altri artisti, di talento più o meno simile e altrettanto competitivi.  Gli artisti devono vendere la loro immagine, attraverso la messa in scena di una propria particolare sensibilità e altre forme di comportamenti sociali idiosincratici (*) oltre che far affidamento sulle effettive qualità artistiche del proprio lavoro. Quando gli artisti si orientano verso il mercato dell'arte e mirano a soddisfare le aspettative dei galleristi e ad essere in linea con le loro tassonomie(**) estetiche, si trasformano in prodotti e merci allo scopo di riuscire a ottenere quello che io chiamo un <brand name>. In questo processo, essi creano e entrano in un gioco che ha un effetto di profonda alienazione su se stessi."
(*)  antipatia, insofferenza, avversione, intolleranza, rigetto, quindi riferito ad un atteggiamento particolare e stravagante.

(**) somiglianza, affinità estetiche di gusto. 

Nonostante però il rischio di alienazione appena descritto, cosa può fare un artista che voglia immettersi nel sistema dell'arte contemporanea per giungere ad un livello di notorietà tale che gli consenta di essere riconosciuto ed apprezzato da collezionisti, galleristi ed esperti del settore? 

Luigi Sacco, nel saggio citato in calce a questo articolo, analizza nel seguente modo, il percorso che un artista deve percorrere per arrivare al successo:

"Le forme di espressione artistica sono in realtà la conseguenza di un processo di evoluzione linguistica e culturale complesso e in qualche misura  prevedibile nella sua logica. La chiave del successo di un artista è nella capacità di comprendere tale logica, farla propria e divenire interprete credibile ed efficace, possibilmente anticipandone gli ulteriori sviluppi. Qualunque nuovo artista che si propone sulla scena deve in qualche modo giustificare il proprio lavoro di fronte a tutta la storia passata delle arti visive, dimostrando allo stesso tempo la sua necessità e la sua innovatività. Questo spiega perché molti aspiranti artisti finiscano di fatto per essere eliminati dal processo selettivo prima ancora di avere alcuna reale opportunità di accesso al sistema: il loro lavoro ripropone spesso inconsapevolmente modelli ed esperienze già ampiamente consolidati (...) il suo successo dipende in ultima analisi, dalla possibilità di mobilizzare a proprio favore una quota crescente di addetti ai lavori che ne sostengano la reputazione e gli offrano ulteriori e migliori opportunità, tenendo conto del fatto che gli artisti rivali operano in maniera analoga e che ciascun addetto ai lavori è in grado di sostenere e di offrire opportunità a un numero ristretto di artisti. "

Ma cosa significa la frase "la chiave del successo è nella capacità di comprendere la logica del sistema"? 

Spiega Francesco Poli nel suo saggio, che ciò corrisponde al requisito principale per gli addetti ai lavori cioè la ricerca artistica e la costruzione di valori autenticamente innovatori; anche se sempre più spesso ciò corrisponde ad un fattore più "modaiolo" che altro. 

Gli addetti ai lavori agiscono in tal modo "sul sicuro", non rischiano e non si spingono ad uscire dai binari già solcati da tutti gli altri operatori di settore che seguono l'artista più trendy del momento.

D'altro canto ci sono anche artisti abilissimi a cucirsi addosso proprio quel "vestito di gran moda" risultando però, allo stesso tempo, intercambiabili tra loro. 

L'unica differenza che permette a un artista di emergere rispetto ad un altro, sarà a questo punto la sua abilità nelle pubbliche relazioni.

Il rischio che l'artista corre, agendo in tal senso, è comunque quello di risultare legato semplicemente alla moda del momento, senza costruire una carriera stabile e duratura nel tempo, come invece dovrebbe essere.

Passato quel momento di gloria, ci si potrebbe ritrovare scalzati da un nuovo artista di "grido" e meno inflazionato.

In ogni caso, anche se l'artista è di valore e conduce una ricerca onesta e innovativa, il conoscere le logiche del mercato e l'abilità nel sapersi muovere, ha sempre la sua importanza.

Quello che però alla fine conta più, conclude Francesco Poli, e che mi sento di condividere, è senz'altro la volontà e determinazione nello svolgere il proprio lavoro di artista, sorretti dalla convinzione della qualità della propria arte.

In sintesi: bisogna crederci!


VIVERE DEL LAVORO DI ARTISTA E SVOLGERE "SECONDI LAVORI" 

Vivere solo con il lavoro di artista non è sempre possibile.

Come abbiamo visto, entrare nelle logiche di mercato prevede l'accoglimento, da parte dell'artista, di determinate regole ed imposizioni, che vanno a scontrarsi con la libertà creativa che un artista dovrebbe avere.

Detto questo, tutti gli artisti, per essere riconosciuti come tali, in qualche modo devono entrare a far parte del circuito dell'arte e del suo sistema, non fosse altro che al fine di ricavare il sostentamento necessario alla sua vita.

Spesso però questo sostentamento tarda ad arrivare, oppure arriva in misura non sufficiente, ecco che allora (altrettanto spesso), gli artisti svolgono parallelamente al lavoro nel campo dell'arte, anche una seconda professione che possa integrare la prima.

Una delle professioni più affini e ricercate dagli artisti è quella dell'insegnamento in campo artistico. 

Ciò può avvenire a vari livelli: universitario presso le accademie, di livello superiore presso i licei artistici oppure nella sfera privata presso i propri atelier o altre scuole d'arte private.

L'insegnamento (specie se di livello universitario) è molto ambito perché, in qualche modo, aiuta a legittimare la figura professionale di un artista presso l'opinione comune, al punto che molti di loro sfruttano questo ruolo per elevare il valore delle proprie opere.

Certo è che nelle accademie e negli altri istituti si possono trovare artisti di alto livello che danno quindi lustro all'istituzione per la quale lavorano, e altri che viceversa, essendo di livello medio-basso, sfruttano l'istituzione per spingere in avanti il proprio lavoro.

Un altro settore dove spesso gli artisti sono impiegati (pensiamo ad esempio ad Edward Hopper o Bruno Munari) è quello della grafica editoriale, della pubblicità o del design. 

A parte questi lavori, che possiamo considerare come affini e correlati all'arte, esistono però numerosi artisti che svolgono attività che nulla hanno a che vedere con l'arte. 

Forse quest'ultima categoria è quella mossa dalla più forte determinazione nel portare avanti il proprio percorso artistico e la propria ricerca, in virtù della difficoltà di conciliare due attività per nulla integrate fra loro.

Il motore, in questi casi, è spesso la necessità di svolgere un lavoro artistico, in modo  non  strettamente connesso all'aspetto economico, anche se quest'ultimo riveste sempre e comunque una sua importanza, soprattutto al fine di ottenere gratificazione.

Penso sia sbagliato pensare che chi ha un altro lavoro, sia meno artista di chi non lo ha. 

Non si tratta in questi casi, di portare avanti un hobby da dopolavoro, ma bensì (almeno per quanto riguarda la mia esperienza) nel voler finalmente esprimere se stessi attraverso un'attività che piace, godendo al contempo, della libertà che un altro reddito (di diversa provenienza) offre, riducendo in parte, il rischio di alienazione di cui parlavamo più sopra.

L'obbiettivo resta comunque, per molti degli artisti che si trovano in questa condizione, di affermare il proprio lavoro nel campo dell'arte, e magari soppiantare finalmente quel lavoro di altro genere che si è costretti a fare.

In conclusione, nonostante il lavoro d'artista possa avere i suoi aspetti difficili, poco piacevoli ed addirittura alienanti, per chi ha questa passione innata sarà senz'altro più in sintonia con il proprio modo di essere, di sentire e di voler vivere la vita.



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Fonte bibliografica:

Francesco Poli - Il sistema dell'arte contemporanea. - Editori Laterza

B. Rosemblum, Artist, Alienation and the Market, in AA.VV. Sociologie de l'art, atti del convegno internazionale di Marsiglia (giugno 1985).

R. Moulin J.C. Passeron, La sintesi di questa inchiesta è riportata in R. Moulin, L'Artiste, l'institution et le marché, Flammarion, Paris 1992 (pp.249-269)

L.Sacco, La  selezione dei giovani artisti nei mercati delle arti visive, in W. Santagata (a cura di), Economia dell'arte. Istituzioni e mercati dell'arte e della cultura. Utet, Torino 1998 pp. 45-47.


Fonte delle immagini:
Pixabay

1 commento:

  1. Molto interessante e di conforto, per gli artisti sempre pieni di dubbi e allo sbando spesso.

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