mercoledì 26 febbraio 2020

I COLORI DI CENNINO CENNINI : IL BLU

Con questo articolo dedicato al BLU, iniziamo una rassegna sui colori, prendendo le mosse da come li descrisse il Cennino Cennini  nel suo trattato " Il libro dell'Arte". 

Il colore blu fu, nell'epoca in cui Cennino visse, un colore molto ricercato e prezioso, e lui, nel suo autorevole manuale di tecnica artistica, ce lo racconta così...



I COLORI DI CENNINO CENNINI : IL BLU artistah24 blog arte tubi di colore ad olio blu




CHI ERA CENNINO CENNINI



Cennino Cennini fu pittore di scuola fiorentina, nato a Colle Val d'Elsa in Toscana, ed attivo tra la fine del 1300 e l'inizio del 1400. 

Fu un artista Cennino, al quale pare venne commissionata la scrittura di un trattato da parte di una potente corporazione che, in quegli anni,  tutelava e regolamentava l'attività dei pittori di Padova; luogo dove Cennino si trasferì nell'anno 1398.

Vediamo allora nel dettaglio quali erano i colori della gamma del blu, di cui ci parla il Cennini nella sua opera letteraria.




Vedi anche: Le dinamiche del colore nella pittura a olio



I COLORI DI CENNINO CENNINI : IL BLU della Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto a Padova.
Cappella degli Scrovegni - Padova - Il blu di Giotto



IL COLORE AZZURRO DELLA MAGNA (o Azzurrite)



Con questo nome, Cennino descrive il pigmento ricavato dall'azzurrite, che è un minerale composto da carbonato basico di rame, e che fu il pigmento azzurro più utilizzato in Europa, a partire dal XIII secolo (1200) sino almeno a tutto il XIV secolo (1300).
Risulta comunque che nel XVII secolo (1600) questo colore fosse ancora utilizzato.

Il minerale, da cui viene ricavato il pigmento di colore blu, si estrae da giacimenti in cui si può trovare anche un altro minerale della stessa famiglia: la malachite (costituto dallo stesso componente chimico dell'azzurrite) e con cui si otteneva invece il pigmento verde malachite.

In Europa i giacimenti principali da cui veniva estratta l'azzurrite sembra fossero quelli situati in Ungheria. 

Nel periodo Medievale era altresì frode molto comune e frequente che l'azzurrite, venisse venduta e "spacciata" per blu oltremare, che era un pigmento molto più prezioso e costoso.

Per poter riconoscere se si trattava di blu azzurrite (azzurro della Magna) o invece dell'autentico blu oltremare era sufficiente surriscaldare la pietra, che, nel caso fosse azzurrite, anneriva per via dell'ossido di rame, e per la perdita di anidride carbonica e di acqua, in essa contenute.

C'è da dire comunque che, l'azzurrite,  aveva anch'essa un prezzo elevato, e poteva a sua volta essere contraffatta, utilizzando l'indaco, che era un altro pigmento blu ma meno costoso.

Il Cennini dedica un capitolo all'imitazione del blu di Magna (azzurrite) utilizzando il blu indaco:

"togli indacho bacchadeo e ttrialo perfettissimamente, con acqua, e meschola con esso un pocho di biacca in tavola, e in muro un pocho di biancho sangiovanni. Torna simigliante all'azzurro"

Come suggerisce Cennino il pigmento si preparava attraverso una moderata macinazione (come dice lui: perfettissima), al fine di conservare l'intensità del blu; al contrario una macinazione troppo fine avrebbe fatto perdere colore, ottenendo un pigmento chiaro e sbiadito.

Infine il Cennini, distingue lo scopo a cui è diretto il finto color azzurrite: ovvero per pittura su tavola, dove consiglia una mescolanza con la biacca, oppure per l'affresco su muro, nel qual caso suggerisce di mescolare il blu indaco al bianco di Sangiovanni.

L'azzurrite veniva impiegata anche nella formazione di altri colori, ad esempio per ottenere dei verdi attraverso l'aggiunta di gialli ocra o del giallorino; oppure per ottenere il viola mediante la miscelazione con lacche rosse. Era inoltre uso comune, sempre in virtù del prezzo costoso di cui dicevamo più sopra, stendere, in particolar modo nella pittura murale,  uno strato di azzurrite, sui cui veniva sovrapposto uno strato di prezioso blu oltremare.


Leggi anche: Il disegno tonale a chiaroscuro



IL COLORE BLU OLTREMARE (Azzurro ultramarino)



E' sufficiente leggere la descrizione entusiastica che Cennino fa di questo tipo di blu, per capire l'importanza che il blu oltremare aveva nella tavolozza degli artisti di epoca medioevale. La rarità, unita alla difficoltà di approvvigionamento di questo pigmento, portavano il blu oltremare ad avere un costo elevatissimo.

Il blu oltremare era considerato il colore simbolicamente legato alla "Città Celeste" e alla figura di Gesù e della Vergine Maria. Inoltre, questo intenso colore blu, era un accompagnatore perfetto del fondo oro, metafora a sua volta della Luce.

Come l'oro, anche il blu oltremare era spesso fornito dal facoltoso committente, che attraverso questo, ostentava la sua ricchezza. Anche la notorietà e l' importanza del pittore aveva un peso nella scelta del blu da utilizzare; non a tutti era riconosciuta la dignità artistica per poterlo richiedere al committente.

Il blu oltremare è rimasto a lungo un "oggetto misterioso" poiché la sua componente cristallina, la lazurite, è stata chiarita solo nel 1935, mentre la sua produzione per sintesi era già conosciuta dal 1928 e la struttura chimica dal 1806.

Nonostante l'aura leggendaria che accompagna il blu oltremare, si può osservare che il suo uso, in Occidente, fu circoscritto nell'area italiana, ai secoli che vanno dal XIV (1300) al XVI (1500), mentre in epoca greca e romana, era il blu egiziano a fare da padrone tra i pigmenti della gamma dei blu (vedi nota 1)

La materia prima costituita dai lapislazuli, era importata dal Badakhan (una regione dell'Afghanistan) e il centro più importante di smistamento era Venezia. Fu proprio la provenienza da un paese così lontano a dare il nome a questo blu con l'aggettivo di "ultramarino" cioè proveniente da oltremare, in contrasto con il meno conosciuto termine di  "citramarino" usato invece per definire l'azzurrite.

L'aspetto del minerale può variare da un colore blu intenso ad un blu più chiaro, e ciò può dipendere da eventuali impurezze cristalline bianche (generalmente calcite) presenti all'interno della pietra.

Molto bella e caratteristica è invece l'eventuale presenza di pirite, che dona bagliori dorati o argentei al minerale.

La qualità del pigmento è strettamente legata alla percentuale di lazurite presente nel minerale, e proprio per la presenza di altre componenti diverse dalla lazurite, non era sufficiente la semplice macinazione ad acqua. Per poter ricavare il blu intenso tipico di questo pigmento occorreva mettere in atto un metodo particolare.

Sin dal XIII secolo fu messo a punto un procedimento più complesso, che consisteva nell'inglobare la polvere di lapislazuli in una massa pastosa formata da cera d'api, resine e oli. Questo composto veniva poi messo in una soluzione di carbonato di potassio, la quale consentiva la migrazione del pigmento blu alla soluzione, lasciando imprigionate le impurezze nella pasta oleosa. 

Ripetendo più volte questo procedimento si otteneva del nuovo colore ma più spento e via via, sempre meno pregiato.

Il colore blu oltremare di alta qualità, ha la caratteristica di rimanere inalterato nel tempo, soprattutto se usato allo stato puro.

E' stato però notato che, probabilmente per un fattore dovuto al lento essiccamento dell'olio, che permette la penetrazione di umidità, con il passare del tempo si verifica comunque uno schiarimento del colore.



IL COLORE BLU INDACO (Indacho baccadeo)


Cennino non dedica una specifica sezione al blu indaco, lo cita però in diverse occasioni , e quasi sempre come ingrediente nella composizione di altri colori.

In sei punti del trattato lo colloca in miscele con biacca; in due come miscelanza per ottenere dei verdi; in una con il nero, in una con l'ematite,  e infine in due punti del trattato cita il blu indaco associandolo al bianco di Sangiovanni.

Il blu indaco ha origine vegetale e lo si ricava da una grande varietà di piante del genere Indigofera, mediante un processo di fermentazione.

Il colore indaco di migliore qualità, proveniva però dalla famiglia delle Papilionacee, molto utilizzata in India, e che fu già conosciuto e menzionato da Plinio e Vitruvio.

Il più grande centro di smistamento nel Medioevo, del colore blu indaco, verso l'Occidente, era Baghdad, e veniva commercializzato in forma di pasta o di mattoncini blu scuri, quasi neri.

Fino alla scoperta, avvenuta nel XIX secolo, dei metodi per ottenere il blu indaco sinteticamente, l'estrazione del pigmento colorato veniva effettuata in grandi vasche, dove il fusto e le foglie della pianta, venivano lasciati in acqua a macerare. 

Successivamente, occorreva un'energica agitazione del liquame sin lì ottenuto, per favorire i fenomeni di ossidazione, che erano alla base del processo di produzione del colore.

A fermentazione conclusa si raccoglieva sul fondo della vasca, il deposito semiliquido e lo si lasciava seccare al sole, prima di pressarlo e prepararlo per il commercio.

La produzione era grossomodo: su 100 kg di pianta secca pari a 1,5 - 2 kg di colore blu indaco.

In Europa, oltre all'indaco importato dall'india si utilizzava un blu indaco ricavato da una pianta Crucifera, chiamata Isatis Tinctoria conosciuta in Italia con il nome di Guado.

L'indaco ha un grande potere colorante, ma è poco coprente; per questo motivo il Cennino Cennini consiglia sempre di miscelarlo alla biacca o al bianco di Sangiovanni, ottenendo in tal modo un bell'azzurro coprente, che come detto, veniva a volte fraudolentemente spacciato per la molto più costosa azzurrite.

Cennino inserisce l'indaco in quattro ricette dedicate all'affresco, due delle quali sono di "basso profilo", consigliate cioè a quegli artisti la cui scarsa fama non permetteva di accedere agli azzurri più pregiati e costosi.

Concludiamo con l'indicazione che Cennino ci ha tramandato per la preparazione delle tinte blu:

  • Azzurro della Magna| imitazione| Indaco + Biacca| legante Colla| per pittura su tavola
  • Azzurro della Magna| Imitazione| Indaco+ Bianco Sangiovanni| per affresco
  • Blu Oltremare| Imitazione| Indaco+Bianco Sangiovanni + ritocchi a secco con oltremare puro.










Bibliografia:

Cennino Cennino - Il libro dell'arte, a cura di Fabio Frezzato - Neri Pozza I colibrì.

Note:
  1. Blu egiziano: Pigmento rameico che si otteneva per sintesi con un processo conosciuto in Egitto 3100 anni prima di Cristo.

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